A cura di Michele Lo Foco.
Quando i signori fanno festa anche i contadini godono.
Questo detto popolare si adatta perfettamente al pensiero prevalente nel settore cinematografico e traduce il timore assai diffuso che, evidenziando le palesi ingiustizie e le palesi storture del tax credit, anche i piccoli operatori perdano il minimo contributo al loro piccolo film.
Detto diversamente, la sfiducia nella giustizia amministrativa è tale da suggerire che sia preferibile lasciare che i grandi speculatori continuino a razziare i soldi pubblici a patto che anche le medie piccole imprese possano continuare ad arrangiarsi.
La teoria appena enunciata è indubbiamente l’ultima spiaggia di chi, ormai vessato in tutti modi, teme di non poter partecipare nemmeno in minima parte al banchetto, in quanto come è noto se si segue uno ricco forse qualcosa dalla tasca di casca, mentre l’etica e la giustizia sono aride e senza soldi. La necessità diminuisce la vista, e segnali macroscopici come l’assenza di erogazioni per un anno intero, l’assenza di bandi, l’assenza di notizie confortanti non vengono colte nella loro inconfondibile realtà e non fanno che aumentare l’ansia e le tensioni finanziarie, agevolate dagli istituti di credito che hanno sempre considerato il cinema il porcospino finanziario del mercato. Oltre alle notizie, diffuse in modo incongruo dalla delegata governativa, dell’intervento, auspicato, della Guardia di Finanza, agitano il panorama le dimissioni, precipitose, del presidente del CSC Castellitto, che non ha sopportato l’invio da parte del Ministro di un’ispezione tesa ad accertare l’utilizzo indiscriminato dei soldi statali per ville, mogli, e consulenti.
Il precedente Consiglio aveva speso milioni per acquistare un cinema defunto da Mediaset, ma ormai questi paragoni non sortiscono più l’esito sperato in quanto la discrezionalità ha preso il posto contemporaneamente dell’etica, del buon senso, della giustizia, della serietà e finanche della sfacciataggine, ormai totalmente annullata.
Il CSC era un monumento del nostro cinema e Franceschini lo ha demolito con nomine che non avevano nulla a che fare con la sua autorevolezza: tutti speravamo in una ricomposizione, e anche se Castellitto non si è mai fatto notare per simpatia ed empatia, la sua carriera faceva sperare in una nuova ricerca di qualità.
Invece quelle modeste disattenzioni, forse tipiche di chi non ha mai amministrato se non i propri guadagni, lo hanno immediatamente segnalato ai giornali di sinistra, che come noto, non risparmiano né il governo né le nomine governative.
Eppure nel CDA del Centro è possibile individuare Pupi Avati e Giancarlo Giannini, due nomi storici della nostra settima arte, ben più prestigiosi di qualunque nome formulato dall’ex ex Ministro, e giustamente incaricati di pubblico servizio dal Ministro Sangiuliano.
Ma come già successo ai tempi di Urbani, per non subire attacchi concentrici l’unico sistema individuato dalla destra è quello di nominare persone di sinistra e pertanto non potremo meravigliarci se a capo del Centro andrà qualcuno capace di creare, almeno per qualche mese, la pace sociale.
Dopo Rutelli all’Anica, tutto è possibile.
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