A cura di Michele Lo Foco.
Tre episodi quasi contemporanei stanno creando nel mondo dello spettacolo una fitta nebbia, nella quale non è facile orientarsi.
Il primo, per alcuni aspetti umanamente tragico, è rappresentato dalle dimissioni del ministro Sangiuliano e dalla nomina del suo successore. È evidente che questo incidente di percorso porti con sé ritardi e incertezze, poiché il nuovo titolare avrà bisogno di un periodo di esame e di scelte. Questo non potrà che gravare ulteriormente sugli operatori del settore, già fortemente penalizzati da ritardi strutturali e da politiche di contenimento della spesa.
Il secondo episodio è la nascita del nuovo consiglio Rai, un parto faticoso ma giunto a conclusione più o meno nelle forme previste da tempo. La Rai, come ho spiegato in un altro articolo, è una struttura formata da molte repubbliche autonome che costituiscono i pilastri della programmazione, sulle quali nessuno può incidere significativamente: Porta a Porta, Report, Chi l’ha visto, Domenica In e i telegiornali sono enclave che si autodeterminano e non hanno bisogno di nulla. Pertanto, il Consiglio ha un ruolo limitato, che talvolta sembra più un gioco per adulti che un’attività seria, anche perché la stampa tende ad amplificare gli aspetti nazionalpopolari a scapito della sostanza. Tuttavia, il servizio pubblico rimane centrale e significativo, difficile da ignorare del tutto, nonostante la concorrenza alzi la posta e giochi al rialzo.
Il terzo elemento è la nomina del nuovo presidente Anica, Alessandro Usai, che sostituisce l’ex sindaco Rutelli. Quest’ultimo ha portato l’associazione a perdere rilevanza nella rappresentanza delle categorie, interpretando esclusivamente gli interessi personali, delle major e del ministro Franceschini.
Questa “rivoluzione” va vista dall’alto, poiché rimanendo a terra il panorama non può che riflettere la disastrosa situazione delle società più fragili, ma anche più capaci, le quali si trovano in grande difficoltà nel sfuggire alle banche e alla corruzione dilagante nel sistema.
Infatti, quando la terra trema, si salvano coloro che stanno in collina, mentre chi abita negli scantinati viene sommerso dal fango: se lo Stato non paga per un anno, le strutture finanziariamente deboli entrano in sofferenza, non riescono a produrre e non hanno accesso ai vertici, ormai abituati a individuare coloro che “contano poco” e a non concedere loro spazio.
I grandi, quelli che stanno in collina, sostenuti da potenti società internazionali, hanno la possibilità di invadere tutti i campi grazie ai loro bilanci, banche, uffici e rapporti consolidati. La nebbia per loro è un vantaggio, perché nasconde ciò che fanno e disfano; nessuno valuta, nessuno giudica, nessuno calcola.
Dall’alto tutto cambia: il panorama appare diverso. I capitali fluttuano con lentezza, le fiction si alternano con garbo e continuità, i film nascono e spariscono senza lasciare traccia, come nuvole. Gli operatori appaiono come formichine industriose, mentre i capi sembrano benevoli coordinatori del traffico. Dall’alto non si vede la corruzione, la prepotenza e la discrezionalità che serpeggiano sul terreno; tutto sembra muoversi al rallentatore, tutto appare collegato.
Cosa penserà il nuovo ministro? Sentirà ossequiosamente la Borgonzoni come faceva Sangiuliano, o seguirà un suo pensiero autonomo? Si renderà conto delle difficoltà del settore, o si concentrerà solo sul risparmio, vista la crisi dello Stato? E con chi avrà rapporti privilegiati?
L’amministratore delegato della Rai tenterà di riformare le principali strutture, o si accontenterà di accordarsi con i potenti dirigenti di un tempo, pronti a cambiare musica pur di rimanere in sella? L’Ammirati continuerà a decidere chi diventerà ricco, o verrà sostituita da un altro “miracolatore”? Il cinema avrà una nuova divinità, o la Rai tornerà a fare il suo lavoro di emittente, senza atteggiarsi a grande individuatrice di successi?
L’Anica proverà a evidenziare le incongruenze legislative, o si schiererà al fianco di Netflix per demolire ciò che Rutelli non è riuscito a eliminare?
Quante incertezze e quante domande agitano i corridoi del settore. Quanti si preparano a cadere, e quanti a trionfare? In questo momento storico, forse conviene guardare il panorama dall’alto e sperare che, tra qualche mese, si possa tornare sulla terra per lavorare con la serenità necessaria, e magari anche con gioia.
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