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L'equivoco

  • Immagine del redattore: Michele Lo Foco
    Michele Lo Foco
  • 11 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

A cura di Michele Lo Foco.



Abbiamo letto tutti, con quel gusto sadico cui ci hanno abituato i nostri quotidiani ed in particolare il sito di retroscena Dagospia, della querelle nata durante la consueta visita dei partecipanti al David di Donatello al Presidente della Repubblica.


In quell'occasione una attrice nata comica e ora demivierge conduttrice, Gepi Cucciari, ha preso in giro apertamente il ministro Giuli dicendo che i suoi discorsi forse si capiscono meglio se letti al contrario. Per la verità i discorsi del ministro non si capiscono in qualunque modo vengano letti, ma certamente la Cucciari non ha scelto la sede adatta per esprimersi. 

Alla presentatrice ha fatto eco uno dei nostri migliori attori, Elio Germano, che ha accusato il governo di piazzare persone incompetenti nei posti chiave della cultura come fanno i clan camorristici con i loro adepti.


Il ministro ha risposto oggi accusando la sinistra, ormai secondo lui priva di elementi di spicco, di servirsi di influencer e di comici, ed ha esaltato la riforma del sistema curata dall'attuale governo, che mira ad interrompere i privilegi e le rendite di posizione nel settore cinematografico.


Ed ecco che si manifesta in tutta la sua macroscopica realtà l'equivoco ministeriale: Giuli, che ha l'infelice compito di intervenire talvolta in una materia che non conosce per nulla, non ha capito, perché nessuno glielo ha voluto spiegare, che i privilegi e le rendite di posizione sono stati non solo creati ma anche difesi e amplificati proprio dalle volontà politiche della sottosegretaria con delega leghista che oltre ad essere stata la migliore allieva di Franceschini, ha consolidato le linee guida di quell'infelice ministro convinta come è che se lo aveva fatto lui vuol dire che era una mossa politica esatta e fruttifera.


Il ministro Giuli non sa che i decreti che hanno portato allo svuotamento delle casse statali e al fallimento di decine di piccole e medie imprese sono frutto della precisa volontà di favorire i grandi gruppi e soprattutto i gruppi esteri perseguita con determinazione dal Suo apparato, che non ha fatto nulla, dico nulla, per ammortizzare o quantomeno diminuire gli squilibri attuali che vedono il nostro cinema affondare tra fatture fantasiose, costi dei prodotti decuplicati e controlli inesistenti.


Se ne è accorto anche Trump che nella sua rozza logica economica ha visto che le aziende americane vengono tutte a rubare il pane ai cittadini italiani e non lavorano più negli States.


Si è reso conto il ministro che Pupi Avati, che ha avuto il coraggio di dire la verità del settore davanti alla gelida sottosegretaria e alle sue damigelle, regista di grande valore, non è certamente un uomo di sinistra e difende da sempre l'ideologia liberale? Per quale motivo il maestro cerca dall'inizio di questo governo di avvertire dei pericoli di una legislazione contributiva scritta da Topo Gigio che ha reso ricchissimi alcuni e impoverito i più e continua a farlo?


Lo sa il ministro che lo scrivente è sempre, dico sempre, stato esponente delle forze liberali, candidato con loro decine di volte, rappresentante odiato in Consigli composti solo da gente di sinistra, ma sempre fermamente convinto che solo chi conosce la materia può parlare e scrivere? Lo sa che le norme sulla pubblicità  e quelle sulle referenze le ho scritte io ai tempi di Urbani e che sono stato il primo a denunciare gli imbrogli del tax credit esterno proprio a Franceschini?


No, non lo sa, ma se vuole può leggere un libro, che ho scritto proprio per testimoniare il mio pensiero, che si chiama Morte del cinema italiano ..... e che è un atto di accusa feroce contro Franceschini e la sua politica quando ancora speravo che qualcosa sarebbe cambiato con l'attuale governo?


Quella che Giuli chiama pomposamente "riconfigurazione" non esiste, qualcuno dovrebbe avvertirlo, ma si chiama riconferma della volontà di prostrarsi ai piedi dei grandi che vengono ad abbuffarsi di tax credit, perché, come dice quel grande pensatore di cui non posso fare il nome, in alcuni paesi si spaccia la cocaina e noi spacciamo tax credit, con uguali guadagni e minori rischi, perché qui siamo assistiti amorevolmente dal governo e non perseguitati dai militari.

 
 
 

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