A cura di Michele Lo Foco.
Il macismo, ovvero la tendenza istintiva ad esaltare le proprie attitudini maschili, non sembra essere stata debellata se anche un intellettuale come Bruno Guerri, a capo di una struttura culturale di grande importanza, sente la necessità di affermare di aver avuto “centinaia” di donne prima di conoscere la moglie. Questa forma di mitomania, espressa da personaggi improbabili come Pupo, Sgarbi, Andrea Roncato e molti altri, alcuni dei quali realmente fuori ruolo, non ha alcun senso in una società ormai decisamente libera e liquida nella quale ognuno fa quello che vuole con chi vuole o non fa più niente di sessualmente interessante. Non credo che qualcuno apprezzi di più Bruno Guerri, peraltro personaggio complesso, sapendo che cinquant’anni prima si divertiva. Anzi, guardandolo oggi, sorge il dubbio che anche allora non fosse un adone.
Il macismo riemerge drammaticamente nei femminicidi, laddove si manifesta nella sua forma più estrema e più demenziale, dal momento che persone anziane arrivano ad ottant’anni per liberarsi di una compagna che ormai odiano, incoscienti del disastro che la loro azione produce su se stessi e sui figli. In questi casi l’aggressività di un contadino, di un pensionato, di una guardia giurata diventa un meccanismo guasto che modifica i pensieri.
Ma come noto, le menti più raffinate e più capaci non raccontano probabili avventure: l’avvocato Agnelli preferiva parlare con le donne piuttosto che di donne, e avrebbe avuto molti argomenti da sviluppare. Delon, un conquistatore seriale, non amava raccontare i suoi incontri, alcuni testimoniati dai figli, e se proprio vogliamo sfiorare il paradosso Dickens lasciò la moglie con la quale aveva avuto dieci figli e Tolstoj la sua dopo tredici figli.
Esempi di uomini vigorosi e talentuosi non mancano, però i tempi sono cambiati e le donne non sono più le stesse di prima.
Ma come ha recepito il mondo dello spettacolo questa inversione di tendenza negli ultimi vent’anni? Il cinema americano, salvo qualche eccezione, ha abbandonato del tutto l’erotismo e il maschilismo che non sono ben accetti nel mondo, e soprattutto in Cina, grandissimo mercato di riferimento. L’america puritana punta su Tom Cruise che piace a tutti, non bacia e non si fidanza, ma si butta da un aereo senza paracadute.
Il nostro paese, che aveva optato per una comicità sporcacciona di docce e buchi della serratura, man mano ha perso anche l’estro di Neri Parenti e non è riuscita a sostituirlo con la commedia vera, nel frattempo occupata stabilmente dalla Francia che si è presa anche l’erotismo raffinato, vincendo con un film molto realistico di amore tra donne addirittura il festival di Cannes.
A noi è rimasto lo spettacolo cafonal, veline, meteorine, tentatrici, finte giornaliste, influencer; la Rai è riuscita a produrre un documentario sulla Ferragni come se fosse una icona nazionale e a Berlino l’Italia ha presentato una serie sul nostro pornodivo di riferimento, quello che nelle mutande porta la virtù nazionale, altro che Bruno Guerri.
Belen prima di tutti ha capito che senza saper fare niente basta una farfallina per trascinarsi dietro i dirigenti televisivi e il suo ex De Martino, citando la sua amicizia con Arianna, ha incastrato la Rai in un contratto quadriennale che nemmeno Einstein sarebbe riuscito a concludere.
Questa è la situazione del nostro bel paese di allocchi e di assatanati, privi di talento, di fantasia e di sensibilità ma sempre pronti a dichiarare, agli amici del bar, che quella che è appena passata davanti alla porta se la sono fatta il giorno prima. Fino ad una nuova rivoluzione ci dobbiamo accontentare di sentire Lele Mora che si esalta parlando di se stesso, incapace di rendersi conto del suo aspetto fisico, e che mostra foto con Clinton e Berlusconi, di vedere la Venier prendere peso ogni trasmissione, di sperare che il solito film omosessuale di Guadagnino sia meno scontato del solito e che almeno i grandi dell’Italia voluti dal Ministro Sangiuliano ci facciano riflettere sul nostro passato e sul nostro destino.
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