I retroscena
- Michele Lo Foco
- 19 giu
- Tempo di lettura: 3 min
A cura di Michele Lo Foco.

Il retroscena raccontato da Thomas Mackinson su il “Fatto quotidiano” di mercoledì ha qualcosa di surreale e devastante nello stesso contesto.
Quel racconto, che incornicia la fotografia del ministro Sangiuliano, caduto nelle spire della dentona di Pompei, illustra più di quello che le parole significano, illumina un metodo, un mondo, una filosofia di vita.
Innanzitutto il personaggio, Longo, una specie di ufficio stampa, ai tempi collaboratore di Sangiuliano, ma in breve tempo spia dei sentimenti del ministro, che si premurava di descrivere al consigliere Contestabile e a Fazzolari, forse unitamente al segretario Merlino. Fare la spia voleva dire allora guadagnare la fiducia dei vertici, anche se comportava tradire l’ex ministro, ed accreditarsi per la fase successiva, con una strategia malevola condivisa secondo lui con l’attuale ministro Giuli.
Il metodo era quello di creare danni giornalistici a Sangiuliano in modo da rendergli impossibile la permanenza al Governo, anche se in realtà le vicende personali di Gennaro non avrebbero dovuto né diventare di dominio pubblico né determinare alcunché.
Credo che il caso Santanchè sia istruttivo. Interessante é invece il ruolo di Dagospia, il sito di retroscena, che per la prima volta appare come arma letale di divulgazione di notizie intimistiche a seguito di pagamenti e di promesse di pagamenti.
Dagospia sembrava essere inattaccabile e ininfluenzabile, ed invece ha dimostrato di non costare nemmeno tanto e di essere come si dice a disposizione.
E anche il quotidiano Domani, con 30.000 €, avrebbe smesso di criticare la coppia Borgonzoni/Sbarigia ed ora lo dovrà fare gratis! Ma questi soldi da dove sarebbero fuoriusciti?
Ecco che si scopre a cosa serve realmente il “Festival delle serie TV”, a foraggiare i giornalisti ammorbiditi da Longo.
Infatti l’evento riminese, nel distretto borgonzoniano, non ha nessuna ragion d’essere, tanto che molti anni orsono fu interrotto per palese inutilità, essendo solo la grancassa di Rai e dei prodotti stranieri.
Longo, nel frattempo, da amico fraterno di Giuli, è passato armi e bagagli con la Borgonzoni, che dimostra la sua capacità di demolire i nemici utilizzando sherpa viscidoni e subdoli.
Ne sa qualcosa la Cacciamani, amministratrice delegata di Cinecittà, pare nominata da Arianna Meloni, che finisce nel tritacarne Longo che spiega al “Fatto quotidiano” che Cinecittà è vuota, gli sponsor non ci sono più, manca il piano industriale.
Ma anche il ministro in carica è ormai un nemico: “di cinema non sa nulla, è geloso della Borgonzoni, non è in grado di fare il ministro”.
Longo è scatenato: di nuovo Dagospia contro il povero Pupi Avati che si è permesso di criticare la sottosegretaria con delega, di nuovo i giornalisti, questa volta con l’aiuto di Salvo Sottile, dicono legato alla sottosegretaria, finché qualcosa va storto, un giornalista non si fa comprare e spiffera tutto.
Il sistema Longo lascia sul terreno qualche cadavere: San Giuliano per primo, la Cacciamani con la baracca Cinecittà, Giuli che non ci capisce, Dagospia che si vende, Domani che si venderebbe, il festival della fiction gestito da APA, la pagatrice occulta.
Ma a questo proposito: il consiglio di amministrazione di APA lo sa che la Sbarigia ammorbidiva i giornali con le somme del festival?
Misteri italiani.
Questo panorama torbido e corrotto, purtroppo, illustra quello che dovrebbe essere un ambito esemplare, la cultura nelle sue varie espressioni.
L’Italia era la culla della cultura, e per molti anni
lo è stata, anche cinematograficamente, finché Franceschini non ha deciso di demolirla e la sottosegretaria di completare il lavoro. Abbiamo vissuto della rendita dei grandi maestri e poi ci siamo ingozzati di tax credit: Longo è un’espressione del disagio esistenziale della cultura e del cinema, e dobbiamo ringraziare se esistono ancora giornalisti che hanno mantenuto la loro dignità professionale.
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