Fiction for ever
- Michele Lo Foco
- 20 mag
- Tempo di lettura: 3 min
A cura di Michele Lo Foco.

Le giornate di cinema di Riccione ospitano il nuovo evento internazionale dal titolo "Italian Global Series festival", promosso da Apa, con il sostegno di Cinecittà, per omaggiare la serialità televisiva.
Questo nuovo evento ha due caratteristiche: la prima è non essere nuovo, in quanto come alcuni anziani esperti del settore ricorderanno, esisteva già il Roma Fiction Fest, e la seconda di non servire assolutamente a nulla, come, peraltro, il suo progenitore, che fu chiuso, nel silenzio della solita stampa ossequiosa, per mancanza totale di interesse.
Perché, si domanderanno i più giovani e forse anche i più disattenti critici, il Roma Fiction Fest finì nel nulla? È molto semplice: le serie televisive sono prodotte o dalla Rai o da gruppi stranieri dominanti, vedi Netflix, Amazon ed altri. Nessun altro esiste nel mercato.
Pertanto presentare, festeggiare, spendere per Rai, che non ha certo bisogno di un festival per giustificare gli oltre 200 milioni di euro spesi in fiction di basso, medio e buon livello, (ma comunque totalmente, assolutamente nazionali), sono un impegno economico totalmente privo di senso.
Ma la situazione peggiora nel caso di serie straniere, che non si vede per quale motivo devono essere pubblicizzate oltre misura quando i gruppi mondiali dominanti già svolgono investimenti pubblicitari mirati, e soprattutto non apportano nulla di positivo alle finanze italiane.
Perché di questo si parla: di nuovo tappeti rossi, di nuovo champagne, di nuovo giornalisti addomesticati, di nuovo attori dati in pasto a qualche decina di poveretti, di nuovo un esborso statale vuoto di contenuti. Riccione e il suo bellissimo centro congressi ringraziano. Si ricomincia con le madrine, con i concorsi internazionali, con i concorsi nazionali, con i premi e le giurie.
Il Roma Film Fest finì nel nulla, avendo creato una fiction su un festival di fiction, con attori, comparse, direttori che per un po’ hanno sperato di divertirsi, e poi hanno capito che il divertimento sarebbe finito. Il primo fu Felice Laudadio, poi Steve Della Casa per 5 anni.
Ha cominciato la Fondazione Rossellini per tre anni, dal 2007 al 2010, con il costante abbraccio di Urbani, che si è ritirata prudentemente quando ha percepito l’inutilità del lavoro.
Poi il divertimento è passato nelle mani dell’APT oggi APA, quale altra mamma migliore se non l’associazione dei produttori televisivi? Ma la discesa era iniziata, e non è bastata la direzione di Freccero per far affluire il pubblico, che nei giorni feriali forse ha qualcosa di meglio da fare. Il festival muore di noia nel 2016 e così finisce per tutti l’avventura festivaliera.
Ora la mancanza di idee che caratterizza lo spettacolo suggerisce di rianimare il cadavere per una nuova autopsia, ovviamente costosa e localizzata al mare, e rispunta l’APA che tira in ballo Cinecittà, e va a pescare nel mare magnum dei soldi statali, quelli che possono essere sprecati.
Questa volta tocca a Marco Spagnoli, documentarista di sinistra prestato alla destra, dover presentare in pompa magna, per un pubblico internazionale di Cannes, i Cesaroni e Sandokan, cioè i sequel di due prodotti polverosi e antichi, che dire che non interessano a nessuno è già far loro un complimento.
Come poi possa essere venuto in mente a qualcuno di offrire a Cannes un prodotto di spessore e animo romaneschi resta un mistero, che trova riscontro solo quando a Berlino l’Italia non trovò di meglio che presentarsi con la storia di un pornodivo.
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