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Cronaca della fine della legge Franceschini

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    Michele Lo Foco
  • 3 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

A cura di Michele Lo Foco.


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Quando pubblicavo il mio libro dal titolo:"Morte del cinema italiano, come la sinistra ha distrutto uno strumento della cultura italiana", evidentemente la senatrice Borgonzoni era convinta che proseguire le linee strategiche di Franceschini fosse ancora la soluzione migliore per accaparrarsi il favore del settore, agevolata in questo suo pensiero da un complice del ministro, Francesco Rutelli, che grazie all'appoggio di Lucisano, era diventato il primo presidente Anica stipendiato.


Non si era resa conto la bella senatrice che al di là dei salamelecchi degli imprenditori, stava sostenendo tutte le aziende rilevanti di sinistra, da Cattleya a Palomar a Luky Red a Lux, e tutte le aziende straniere prive di anima ma capaci di assumere le sembianze opportune in ogni paese si aprisse una falla nei conti pubblici.


La sinistra franceschiniana era riuscita politicamente, dopo un iniziale timore, a ricreare le stesse condizioni precedenti e a moltiplicare il saccheggio delle finanze statali come se Franceschini fosse ancora presente con lo spirito.


Sangiuliano si era accorto che qualcosa non funzionava e pensò di nominarmi nel Consiglio Superiore per intervenire sul Ministero con una struttura di consulenza e valutazione, ma il mio nome non era gradito in quanto avevo avuto l'ardire di criticare le tendenze politiche, e così il Consiglio nella sua interezza fu trascurato e non utilizzato, nonostante tra i membri ci fosse la Dottoressa Perrotta Ragioniere Generale dello Stato, il cui giudizio era singolarmente ben più importante di quello della struttura.


Infatti, dopo una iniziale fase di rispetto, fu proprio la Perrotta a delineare i pericoli di una norma sbagliata come il tax credit e a indicarne le ragioni, sostenendo che la legge andava modificata non con decreti ma con un intervento legislativo.


Tutto questo non fu sufficiente, né lo fu il ricorso al Tar di una cinquantina di piccole medie aziende, e la politica governativa proseguì verso il burrone mentre Borrelli avvertiva, nei momenti di sincerità, che si stava creando un buco nelle finanze del Mic e che il tax credit era diventato il bancomat dei produttori.


Non servì nemmeno la costante critica investigativa del prof. Zaccone con Isicult, che quasi giornalmente segnalò la deriva legislativa, né sul momento i miei esposti alla Procura, quando compresi che solo la magistratura poteva porre fine al Sacco di Roma.


Infatti i potentati che si stavano arricchendo alle spalle dello Stato avevano capito che al di là degli ormai evidenti disagi creati da una normativa demenziale, era opportuno collezionare tax credit perché alla fine lo Stato avrebbe dovuto pagare in ogni caso, anche se in ritardo, e comunque c'erano le banche a fare da ponte. Infatti oggi alcune banche sono ingolfate di tax credit e di anticipazioni, mentre le altre si rifiutano di lavorare con il cinema.


Quello che però è diventato man mano un problema politico è stato il ritardo inevitabile delle erogazioni e dei contributi, fino al collasso del Ministero, rivelato da un fatto di cronaca che tutti ricordano e che ha svelato le modalità di mancanza di controllo e i sotterfugi tramite i quali era possibile per tutti approfittare della situazione.


È cominciato un periodo di grande confusione, nel quale i decreti dirigenziali hanno cercato di chiudere le falle talvolta peggiorando la situazione, mentre i potentati di sinistra e gli stranieri hanno continuato indisturbati a macinare tax credit.


La macchina ministeriale se l'è invece presa con l'unico produttore di destra, Andrea Iervolino, cercando tramite lui di coprire gli abusi in corso. Iervolino è stato oggetto di revoca del tax credit, nonostante il tribunale di Roma ufficializzasse la correttezza del suo operato, mentre gli altri operatori stranieri, anch'essi oggetto di indagini, hanno continuato tranquillamente ad operare.


Un giorno, in un'Italia lenta a giudicare, qualcuno dovrà spiegare perché, in assenza di condanne definitive, il tax credit è stato revocato solo a Iervolino e bloccato per le società che hanno avuto con lui rapporti lavorativi, come Red Private che ha prodotto un documentario di grande successo.


Iervolino, lo dico da tecnico, è anche l'unico produttore che ha portato il brand italiano in giro per il mondo e non si è limitato a setacciare il tessuto italiano.


Ma tornando alla senatrice Borgonzoni la sua ultima dichiarazione mi ha riempito di gioia, perché finalmente si è resa conto che la legge Franceschini era una trappola, e che non si può fare altro che rinnovare un testo pieno di errori involontari dicono alcuni, volontari sostengo io.


Le sue frasi... basta toppe... servono tetti... una legge interamente riscritta... rischiamo di creare un mostro... costituiscono per me il finale di un periodo angoscioso, solitario e complesso.


Gli sforzi miei, della dottoressa Perrotta, di Zaccone, dell'onorevole Amato, ma soprattutto del mercato, ormai ridotto ad un cimitero di piccoli imprenditori, nel quale vagano pochi magrissimi ipocriti, hanno finalmente portato alla soluzione finale, quella che doveva essere presa tre anni orsono, cioè demolire la legge Franceschini per ricominciare da capo, senza privilegi, con i giusti limiti e con il doveroso coraggio.

 
 
 

Salvis Iuribus​

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