L’importanza del David
- Michele Lo Foco
- 8 apr
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A cura di Michele Lo Foco.

Molti, molti, anni fa ero seduto di fianco a Gianluigi Rondi nel Consiglio di Cinecittà Spa, la progenitrice di quella attualmente molto indebitata: allora avevo 39 anni e il grande critico mi sembrava Matusalemme. Ora che anch’io sembro Matusalemme, pur se non uso le sue sciarpone, mi ricordo che lui mi spiegò la nascita del David di Donatello e la composizione della giuria. Era un suo dominio, ma era riuscito a dotarlo di autorevolezza, supportata anche dai suoi numerosi incarichi pubblici, culminati, alla fine, nella Presidenza della Fondazione Cinema per Roma ove, a distanza di decenni, sedevo anch’io.
Va riconosciuto all’attuale presidente del premio Piera Detassis il merito di aver mantenuto il prestigio del David e semmai di averlo aumentato, ma le parole della Sottosegretaria, in occasione della ricorrenza dei settant’anni della manifestazione, gettano un’ombra sinistra sui meriti acquisiti, colorandoli di considerazioni fuorvianti e palesemente strumentali, che tutto sommato si potevano evitare per non far diventare i David uno strumento di propaganda, che non merita di essere.
Dice la Sottosegretaria che il nostro cinema ha ritrovato gli splendori di un tempo, ed è questo un palese vaneggiamento, ed un respiro sempre più internazionale, elemento del tutto falsificato sia nel respiro sia nell’internazionale.
Innanzitutto il cinema nazionale, dopo essere franato (come mai avvenuto), fino a rappresentare il 6% del fatturato sala, ha ripreso lentamente a risalire grazie esclusivamente al buon accoglimento di due o tre film, prodotti, questo non viene mai detto, da società straniere, che ormai spadroneggiano nel nostro territorio come fosse il loro.
Il rimanente numero di prodotti nazionali è però rimasto rasoterra sorretto solamente da Rai Cinema e dalle banche.
Non sono parole, sono fatti: il Cinetel di oggi indica che tra le prime 12 posizioni, 10 sono rappresentate da società straniere e due da Rai Cinema, e se qualcuno commenta che l’importante è che le maestranze lavorino, ricordo che la gran parte delle maestranze oggi sono disoccupate e che le società straniere proprietarie delle aziende finto/nazionali portano gli utili nelle loro terre, e non li lasciano certamente da noi.
Inoltre, lo ribadisco, un’industria sana pretende che il prodotto crei ricavi nel mercato, e non che li prelevi dalle casse statali.
Il cinema cui fa riferimento la Sottosegretaria, quello degli splendori, era un prodotto che veniva visto e acquistato: società come la Dean, la stessa IIF, la Titanus producevano con i loro mezzi finanziari, basando il lavoro aziendale su soggetti e sceneggiature di grande livello, con registi ed attori di grande livello, e vincevano premi internazionali.
“Profumo di donna” è stato un grande film italiano e un grande film americano, e non certo un mezzo per arraffare Tax Credit. Diversamente da come descrive la sottosegretaria, il David è realmente utile per rendersi conto di quanti film nazionali non superano la porta di casa, di quanti film non hanno spina dorsale, di quanti film non si sa nulla, di quanti film non riescono ad essere distribuiti.
Per questo il David è importante.
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