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Un mondo a parte

A cura di Michele Lo Foco.



Quando un film come quello di Albanese incontra un indubbio successo superando i sei milioni di incasso, è necessario, in un settore così depresso come è la cinematografia italiana, domandarsene il motivo.


Non sono un critico, e mi colloco in quel pubblico medio che va al cinema per rilassarsi e passare un po' di tempo piacevolmente, senza ambizioni particolari: da tecnico del settore devo però sottolineare che il film, come quasi tutti quelli di successo, è prodotto da una società straniera, o se preferite finta italiana, Wildside e distribuito, almeno questo, da Medusa, che è ancora un po' italiana.


Ma procediamo con ordine: se un film buonista, girato in un paesino, con un attore certamente benvoluto, con una attrice ex imitatrice ex comica, con una neve costante e colori sbiaditi attira il pubblico, vuol dire che c'è una forte e sotterranea voglia di prodotto nostrano.


Parliamo del pubblico: non certamente i giovani, anche se nella trama ci sono bambini a volontà, forse qualche mamma con i figli, ma non credo siano prevalenti. Diciamo un pubblico medio adulto, che non va a vedere Tom Cruise, e che tende ad un cinema d'essai ma non estremo. Riassumiamo con un pubblico di persone per bene che cercano di non essere sopraffatte dai rumori e si riconoscono in personaggi la cui normalità è assoluta.


D'altra parte Albanese non può diventare il protagonista di un film d'azione né di un thriller, ma rappresenta più o meno quello che la media delle persone pensa di se stessa, cioè di non essere nessuno, di non contare nulla e di non poter interessare. Riassumendo anche qui, un antieroe, uno sfigato che però non va in un grande magazzino a sparare a caso contro tutti. Infatti se c'è una scena disturbante nel film è quella di sesso tra i protagonisti, che oltre ad essere esteticamente fastidiosa, fa vedere un aspetto di Albanese che nessuno avrebbe voluto conoscere, cioè che anche lui fa l'amore o qualcosa di simile.


Lei, come tutte le attrici, o le donne se preferite, ambisce ad essere bella o interessante, abbandonando il cotè comico. Certo in un paesino di quattro abitanti una vice preside che ancora nutre pulsioni, alla fine, non può che trovare interessante Albanese che è l'unico che si da fare, e la favoletta si completa in un tripudio di bontà. La gente vuole specchiarsi in questo guazzabuglio di convenzionalità, ed un produttore creativo come Gianani ha la capacità di intercettare questo sentimento basso chinandosi a guardare, come in un modo diverso e più volgare faceva De Laurentis con i cinepanettoni, che erano la parte oscura della personalità del pubblico.


Gianani fa parte, ed è forse il migliore, dei portatori d'acqua alle major che divorano i fatturati cinematografici del nostro paese : detto semplicemente, le parti in commedia sono due, da un lato le società prevalentemente straniere favorite dalla politica di Franceschini ed ingrassate con il tax credit, cioè società a base finanziaria, con sede all'estero, eterodirette ma con prestanomi italiani a dirigerle, e dall'altro coloro che si occupano dei contenuti, cioè i veri produttori, che sanno scegliere le storie, hanno rapporti con gli attori, fanno le riunioni di sceneggiatura e vengono pagati o cointeressati ai ricavi del film.


Le major hanno bisogno dei produttori perché non sono capaci di creare contenuti, mentre i produttori hanno bisogno delle major perché queste sono dotate dei mezzi finanziari, hanno i rapporti con le banche, e troppo spesso con Rai, possono garantire. Sia le Major che i produttori esecutivi in questa Italia ipocrita passano per “indipendenti” in modo che lo Stato riconosca loro tutti i contributi possibili: a quel punto, sistemate sia la parte finanziaria sia quella editoriale, non resta altro che gonfiare i costi per avere più tax credit.


Ma torniamo ad Albanese per riflettere sul desiderio, che ogni tanto riaffiora, di cinema italiano: sia la Cortellesi, sia Milani, ma sono la stessa famiglia, che lo stesso Albanese, hanno avuto il talento di descrivere vite modeste, rozze, sotto un certo aspetto invisibili, con un garbo che solo la professionalità sa porgere. Questo dimostra un'altra verità, e cioè che il cinema non è un giocherello per tutti, ma una materia che bisogna conoscere, perché per arrivare a quel famoso pubblico di cui parlavamo sopra bisogna saper usare una macchina da presa e servirsi di tecnici, in definitiva saper ricercare il successo, che prima di Franceschini, era lo scopo della produzione cinematografica.

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